Diventare volontario

La preparazione / formazione è a cura dell’ufficio diocesano, che normalmente propone un corso di circa un anno per prepararsi alla realtà che si incontrerà in Ecuador. Per maggiori dettagli potete scriverci a missioneecuador@libero.it, lasciando un recapito telefonico in modo da poter esser ricontattati; a breve sarà disponibile un form compilabile a fondo pagina.

 

Le motivazioni: Partire è ….
“Partire è un po’ morire …”  diceva Hedmond Haracour (poeta francese del secolo scorso), perchè la partenza è associata ad un viaggio potenzialmente pieno di imprevisti e di difficoltà ignote, che impone al viaggiatore di abbandonare la propria casa e la propria terra per un “mondo nuovo” … ebbene, rivisto in chiave Cristiana, questo pensiero è una morte dell’ “uomo vecchio”, dell’uomo attaccato alla propria vita, alle proprie certezze, al  proprio piccolo cerchio che lo rassicura, ma nel contempo lo limita e gli impedisce di crescere, nella sua umanità e nella sua spiritualità, per rinascere come uomo nuovo, che abbandona il noto per seguire la strada che Dio ha preparato per lui, dove la paura dell’ “ignoto” e delle difficoltà viene quotidianamente combattuta e sconfitta dall’esperienza positiva della “fede”. Per questo, come motivazione all’essere volontario, alla “partenza”, affascinano in modo particolare le parole di Dom Helder Camara, che qui riportiamo nella traduzione italiana:
Partire è, innanzitutto, uscire da sé stessi.
Spezzare quella crosta di egoismo
che tenta di rinchiuderci nel nostro “io”.
Partire è smettere di girare attorno a noi stessi,
come se fossimo al centro del mondo e della vita stessa.
Partire è non lasciarsi chiudere
dal piccolo mondo cui apparteniamo:
qualunque sia la sua importanza, l’umanità è più grande,
ed è a lei che dobbiamo tendere, è lei che dobbiamo servire.
Partire è aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro.
Aprirsi alle idee,
anche quando queste sono contrarie alle nostre,
è come possedere il fiato di un buon camminatore.
Beato chi comprende e fa suo questo pensiero:
“Quando non sei d’accordo con me, mi arricchisci”.
Avere al proprio fianco qualcuno
che sa dire soltanto “va bene”,
che è sempre d’accordo, incondizionatamente fin dall’inizio,
non vuol dire avere un compagno, ma piuttosto un’ombra.
Quando il disaccordo non è sistematico e voluto,
ma viene da una visione differente delle cose,
allora può soltanto arricchire.
Un buon camminatore
sa che il grande viaggio è quello della vita,
e che questo presuppone dei compagni.
“Compagno”:
etimologicamente è quello con cui si divide lo stesso pane.
Beato chi si sente eternamente in viaggio
e in ogni prossimo vede un compagno di viaggio.
Un buon camminatore si preoccupa dei compagni stanchi…
Previene il momento dello scoraggiamento.
Li prende là dove li trova. Li ascolta.
Con delicatezza, intuito e soprattutto amore,
fa loro riprendere coraggio e ritrovare il gusto per il viaggio.Andare avanti per andare avanti, così semplicemente,
non è ancora un vero viaggio.
Occorre andare alla ricerca di uno scopo;
prevedere un arrivo, un punto di sbarco.
Per noi discendenti di Abramo,
partire significa mettersi in movimento,
per aiutare tanti altri a mettersi in movimento
e costruire insieme un mondo più giusto ed umano.